Non morire

di irene Anglisani

L’odore quasi familiare di ospedale le permea le narici ancora prima di varcare la porta d’ingresso. Due rampe di scale, il primo lavandino. Dritto fino in fondo, poi a sinistra, il secondo. Stanza numero 103, ultimo lavaggio, il sentore di limone chimico del disinfettante avvolge qualunque cosa. Spalanca la porta, la luce fragile del mattino filtra dalle tapparelle abbassate. Si avvicina al letto, “buongiorno” dice quasi soffiandolo fuori. Lui non risponde. Gira la testa, controlla, con quello che sembra essere un sforza sovrumano, l’ago nel braccio e il livello del flacone al quale è collegato. Anna abbozza un passo verso di lui, gli tocca la mano. Tobia la ritrae. “Com’è andata?”, cerca di metterla a fuoco nella penombra della stanza, poi alza il lenzuolo e con la testa fa un cenno verso il basso. Una lunga striscia di cerotti gli attraversa la schiena e dal fianco sinistro spuntano alcuni tubi che scendono verso la parte ancora nascosta dal lenzuolo. Le braccia e gambe sempre più esili, fragili. Le labbra avvizzite a stento coprono i denti che spuntano dalle gengive gonfie e infette, che lo costringono a tenere la bocca socchiusa. Gli occhi si muovono a fatica, restano praticamente immobili, due buchi neri spalancati nel vuoto, ancora più grandi, più larghi, più neri. Anna si siede affianco a lui nel letto, Tobia non si sposta. La fatica del suo respiro sembra di colpo concreta, quasi fosse anche di Anna. Un gorgoglio dai polmoni, poi una specie di risucchio, un rantolo che nulla ha a che vedere con un colpo di tosse, scosta il fazzoletto dalla bocca e lentamente si tinge di rosso mentre un filo di bava gli cola a lato dalle labbra. Lo pulisce con il dorso della mano, lui gira la testa e socchiude le palpebre. Anna allunga il braccio sotto il lenzuolo, gli sfiora la coscia, avverte il calore della sua pelle e allo stesso tempo la sua assenza. Anna ritira la mano di scatto, si alza mentre Sara, la madre di Tobia, entra nella stanza, gli stessi occhi neri del figlio la invitano ad uscire. Si allontana dal letto, lo saluta che è quasi sulla porta, non dice niente, ma la guarda, e per la prima volta Anna non riesce a sopportare quegli occhi spalancati. L’intera stanza non sembra poterli contenere. Abbassa la testa, balbetta qualche frase di circostanza, sussurra “non morire”.

Percorsi – 2012