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Colombia 2020?
Deserto, mare e città dallo stile coloniale. Chi si unisce?
COSE CHE NON CI POSSIAMO PERDERE
Bogotà: la capitale. Facciamoci un giro per quello che è il cuore pulsante di questo Paese Sud-Americano
Tatacoa. Un deserto che non avete mai visto. Infatti è formato da due parti. Quella rossa e quella grigia, meno conosciuta ma sicuramente più bizzarra. Ti sembrerà di aver messo piede sulla luna.
S.Agustin. Quei due siti archeologici pre-colombiani
Cartagena. Tra vecchio e nuovo. Una città dalla doppia faccia tutta da scoprire
La Isla Barù. Perchè un pò di relax al mare ci farà ricordare di essere in vacanza. E le spiagge acque cristalline, sabbia bianca e vegetazione verde alle nostre spalle, saranno la cartolina che tutti ci invidieranno.
Santa Marta. Una Cartagena in mignatura, molto più alla nostra portata che ormai ci siamo abituati alla pace dei sensi-.
Eje Cafetero. Il nome che vi suggerisce? Dai più dei più grandi produttori nel mondo, una tazza con un’aroma di autentica bontà.
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La leggenda Maori del Kiwi
Una volta vivevo in Nuova Zelanda. Prima in un appartamento a Auckland. Poi in tenda, nell’isola del Nord. E in una HONDA ACCORD sul lato passeggero. Era il modello station wagon. Non potevo abbassare il sedile fino in fondo perché su quelli dietro tenevamo la cucina (uno scatolone con roba da mangiare, il fornello da campo e varie padelle). Però avevo un cuscino, lo incastravo nello spazio tra il sedile e la portiera. Quando pioveva cucinavamo sotto la portiera del bagagliaio che faceva da tettoia. Con quella macchina ci abbiamo girato in lungo e in largo. Tra spiagge e montagne. C’era una radio con la presa USB. In due avevamo una playlist che non superava le trenta canzoni. Erano tutte bellissime.
La Nuova Zelanda è un posto lontano. È un posto magico. C’è sempre l’impressione di stare sospesi nel tempo, con questa nebbiolina che impregna la foresta. Ovatta i suoni, quando nemmeno più i raggi del sole la riescono a oltrepassare. Il Kiwi è l’animale simbolo della nuova Zelanda.
È LA SUA STORIA QUAL’È?
Una leggenda Maori racconta.
Un giorno il Dio della foresta si accorse che i gli alberi suoi figli stavano morendo. Mangiati da insetti che si annidavano tra le radici. Chiamò a raccolta tutti gli uccelli del bosco. “Figli miei,” aveva detto. “C’è un male che affligge la nostra casa, e solo il sacrificio di uno di voi potrà salvarla.” Nessuno fiatava. “Qualcuno dovrà rinunciare a volare, per vivere a terra. Alla luce del sole, per vivere nel buio della foresta.”
Il Tui prese la parola. Si scusò ma disse di avere troppa paura del buio e amare così tanto il sole per poterci rinunciare.
Il Pipiwharaurora disse che era troppo impegnato a costruire il suo nido
Per il Pukeko a terra c’era troppo fango e di certo non avrebbe voluto finire con le zampe bagnate.
“LO FACCIO IO,” disse il Kiwi.
“Hai capito a cosa rinuncerai?” chiese il Dio.
Il kiwi alzò lo sguardo ai rami alti e alla luce del sole.
“Lo faccio io ho detto!”
Da quel giorno il Tui fu costretto a indossare una piuma bianca al collo per la sua codardia. Il Pukeko, ricevette zampe grandi e forti per vivere negli stagni. E il Pipiwharaurora non ebbe mai più un nido suo. Avrebbe dovuto lasciare le sue uova nel nido degli altri uccelli. Cosa successe al Kiwi lo sappiamo. Per il suo coraggio divenne l’animale più famoso e simbolo della Nuova Zelanda.
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La Prima Storia
MA CHE BESTIA È ?
È un WOMBAT, animale! Tu non lui.
Comunque, a vederlo sembra l’incrocio tra un orso e un koala. E come quest’ultimo, anche lui arriva dalla lontana terra dei kangourou. L’Australia, tanto per esser chiari. Tutto questo è molto bello ti dirai, ma il perché? Perché se pur piccino è coccoloso, questa marmotta del Sud ha cambiato la mia vita.
TUTTO COMINCIA DA QUI
Eravamo in quattro a cercare di montare una tenda. Illuminati dai fari della macchina alle nostre spalle, sperduti nell’outddor australiano. Sopra di noi un cielo stellato. Partiamo dall’inizio. A ventiquattro anni ero in arrivato a Melbourne, Australia con soli trecentosessanta euro. Ma avevo trovato lavoro e dopo un paio di settimane ( dove lavoravo pagavano con due settimane di ritardo) avevano cominciato ad arrivare anche i primi soldi. Imprevisti a parte non avrei avuto problemi a tirar avanti. Se lavoravo mi pagavano Si avvisano tutti i dipendenti che il locale rimarrà chiuso dal 24 di dicembre fino al 6 gennaio Ecco, bella lì. Natale a casa. Pagato l’affitto, a tirar la cinghia avevo abbastanza soldi. Bastava non fare grandi cose. -Siamo noi tre, prendiamo una macchina a noleggio, partiamo da qua e arriviamo a Sidney per capodanno. -Figo, posso venire anch’io? -Certo. -Ah, sono senza soldi. -Tranquillo. Anche noi.
Per risparmiare sul dormire, avevamo preso una tenda e deciso di accamparci lungo la strada. Facevamo due pasti al giorno. La colazione (pane nutella) e poi tiravamo avanti fino a cena (pasta per lo più). La prima notte arrivammo in questo parco nazionale. A un certo punto lungo la strada salta fuori un canguro. Poco dopo un’altro e di lì a qualche altro metro, un’altro ancora. Ci siamo fermati, abbiamo spento il motore, le luci. E dopo un’attimo ne eravamo completamente circondati. Ci sono canguri grandi, che retti sulle zampe posteriori superano l’altezza di una macchina, e quelli erano grandi per davvero. Nel mezzo di questo parco c’era un campeggio. Per montare la tenda ci siamo aiutati con le luci dei fari della macchina. Su un tronco caduto poco più avanti c’era un wombat che ci guardava. Eravamo dall’altra parte del mondo rispetto casa. Era notte, e noi stavamo montando una tenda. Sopra di noi un cielo stellato. La notai subito, la Southern Cross (Croce del Sud). Le sue stelle sembrava brillassero più delle altre. A ventiquattro anni, in Australia, accovacciato a terra, sotto un cielo stellato, ero vivo. Più di quanto lo fossi mai stato.
Da quel giorno in poi, ogni notte che ho passato in Australia. In città o nel selvaggio. Non sono mai andato a dormire senza prima alzare lo sguardo e cercare la Southern Cross.
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Nepal
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Ciao!
Mi chiamo Emanuele. Ma nei miei viaggi il mondo ha imparato a conoscermi come SuperLele. In Indonesia ho scoperto che Lele vuol dire pesce-gatto. E l’ho sentito ripetere ogni volta che mi presentavo. Ero andato a fare snorkeling, e il proprietario della barca si era preso così bene, che per lui ero JumboLele (sentiti libero di scegliere).
Da piccolino odiavo viaggiare, ogni volta che i miei volevano portarmi da qualche parte mi chiedevo sempre che senso avesse spostarsi?
In realtà non saprei dire quando o cosa sia cambiato. Ma improvvisamente ci ho preso gusto. Troppo. E superati i trenta ho già vissuto in sette paesi diversi e ne ho visitati veramente tanti (still counting). Con un sacco di avventure da raccontare.
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LUCI D’ISLANDA
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WEST MONGOLIA
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Cartolina dall’Islanda
L’ho sentita ancora prima di vederla.Un brivido caldo in una notte senza fuoco. E così l’ho trovata. Cantava fuori dalla mia tenda. Una voce sottile e parole mormorate all’orecchio. Ballava per chiunque, senza pretesa, leggera, avvolta in un vestito verde su uno sfondo blu. E una melodia che non avevo mai sentito prima. Perso, sotto un cielo stellato. -
GET THE BACKPACK. Una comunità di nomadi per vagabondi
Una comunità nomade. Gente che non si ferma. Una famiglia, non per legame di sangue ma per passione. E come una grande famiglia ci diamo una mano a vicenda. Suggerimenti, recensioni e diari viaggio. Condividiamo tutto. Ma vogliamo anche dare la possibilità di trovar un compagno d’avventura per chi ha una meta comune per le prossime vacanze. VIAGGIARE ci ha arricchito con esperienze incredibili… facciamole GIRARE!
Inoltre chiunque avesse un racconto, o un’avventura da voler raccontare, c’è spazio anche per lui nelle STORIE DI VIAGGIO. Basta compilare il forum qui sotto.
SO WHAT YOU’RE WHATING FOR?